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LA FESTA DELL’ASSUNTA E LA GARA DELLA BALESTRA

L’altra festa che nel Quattrocento risulta dai documenti celebrata con manifestazioni particolarmente solenni è la festa dell’Assunta.

In questa occasione venivano eletti i consoli e i notai delle Arti che poi dove vano sfilare in processione per le vie della città il giorno di Ferragosto.

Il Comune rinnovava i vestiti verdi e rossi di famuli, bayli e trombettieri e, nel 1453, su proposta di Angelo Giocosi, deliberò una gara delle balestre con i seguenti regolamenti: “In onore della festa della gloriosa Vergine Maria, per decoro di questa città e infine per incoraggiare il popolo ad acquistare e possedere le balestre, che sono molto utili e necessarie per la difesa della nostra città, ogni anno nella festa della predetta Vergine Maria del mese di agosto, nella piazza delle colonne, a spese del comune, per la gara del tiro con la balestra sarà messa in palio una balestra, del valore di due fiorini d’oro, che verrà assegnata a chi avrà tirato la freccia più vicina al bersaglio. Al secondo, che dopo il primo, avrà tirato la freccia più vicina al bersaglio, verrà data una faretra con le frecce con le quali si sarà gareggiato. Non possono partecipare al tiro con la balestra coloro che non sono ternani o del loro comitato o abitanti del distretto è tutti sono obbligati a giurare che le balestre con le quali gareggiano sono proprie.

Dichiarato ciò, qualora gareggino con una balestra avuta in prestito, siano squalificati, né possa essere assegnata la balestra o la faretra con le frecce ad un forestiero non abitante o a chi tiri con una balestra prestata. E la balestra ottenuta in premio così gareggiando non possa essere venduta prima di dieci anni a partire da questo, sotto la pena di 25 fiorini d’oro per chiunque contravvenga”.

L’insistenza sulla partecipazione riservata esclusivamente agli abitanti e sulla proprietà della balestra è chiaro indice della volontà della magistratura comunale di incoraggiare la cittadinanza all’esercizio delle armi e all’autodifesa in un periodo che faceva temere per l’incolumità dei confini e per i frequenti passaggi di truppe.

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Relazione sulla morte di Angelo Crivelli detto Epifanio 1840

Relazione dettagliata di quanto disse e operò Angelo Crivelli sunnomato Epifanio dal momento in cui gli fu intimata la sentenza di morte fino all’ora della esecuzione.

Il giorno 7 agosto 1840 alle ore 4 pomeridiane sì fece scendere dalla segreta al corridore posto a pian terreno delle carceri il detenuto Angelo Crivelli sopracchiamato Epifanio di Terni, e dal Cursore Giuseppe Jacobelli gli fu notificata la Decisione del Sapremo Tribunale della S. Consulta con la quale venne il ricorso da lui interposto invia di revisione, e che per conseguenza la mattina successiva alle ore sei antimeridiane sarebbe stato decapitato nella pubblica piazza della suddetta Città. Compiuto appena un tale atto fu abbracciato dai confortatori, nelle braccia dei quali cadde quasi svenuto senza proferire parola, e subito venne condotto all’attigua cappella. Vide Egli presenti alla ripetuta intimazione alcuni Bersaglieri i quali non ancora erano tornati dalle carceri, e pronunciò alcune invettive contro i medesimi chiedendo che partissero, nel che venne subito compiaciuto; ma dettegli alcune parole di Religione dai confortatori sì acquietò baciando l’Immagine di Maria SS.ma ed il Crocifisso che gli era staro posto nelle mani. Proruppe in quel mentre in un dirottissimo pianto, e calmatosi alquanto sì adagiò sopra un Sofà. Chiese poi di rivedere i detenuto Celestino Scorsolìni il quale gii era stato compagno nella segreta, come pure domandò di suo Padre, che gli fu detto essere partito da Terni a pro di sollevarsi alquanto, e che gli mandava la sua Benedizione, e qui di bel nuovo pianse.

Alle ore 4 dopo la recita dì varie altre orazioni fu detto il S. Rosario, ed egli sceso dal canapè lo recitò Ritto in ginocchio.

Alle ore 5 gli fu presentato il detenuto Scorsolini, cui diede un bacio, dicendogli prega Iddio per me, che io Lo pregherò per te, e gli donò il suo cappello, ed un paio di calzoni, dopo ciò domandò che il secondino Michele Bonarota gli portasse un bicchiere dì acqua, il quale avvicinatoglisi, lo baciò replicata mente piangendo.

Alle ore 5 avendo inteso suonare la campana del Duomo per la [..,] dell’Assunta pregò gli sì facessero dire tre Ave Marie prima della Benedizione e fu assicurato che già erasi a ciò pensato. Fino alle ore 8 furono recitate dai confortatori varie orazioni e fatti dei fervorini, i quali non solo ascoltava con la massima attenzione e rassegnazione, ma anzi Egli stesso esternava il desiderio di udirli spesso pregando i Padri che mai lo avessero abbandonalo. Raccomandò pure ai vari fratelli di S. Gio. Decollato i quali per turno venivano ad assisterlo, di non dimenticare il suo vecchio e misero genitore. In quei frattempo la sud.a Coufraternita gli fece sapere che aveva fino a quel momento [raccolto] scudi. 9 di elemosine, onde sentire come volesse disporre, ed Egli disse che la metà se ne pagasse alla sua sorella Agata Crivelli moglie dì Felice detto la Vecchia Sagrestano dello Spirito Santo, e l’altra metà si fosse impiegata in tanti suffragi per l’anima sua, e per le anime Sante del Purgatorio. Alle ore 8 gli fu presentato un ristoro, ma approssimatolo alla bocca, lo ricusò, e dopo pochi momenti si coricò, e prese sonno,

Alle ore 9 si destò, e gli fu dato un poco di malaga con del pane di spagna, che prese e di poi tornò ad addormentarsi.

Alle ore 11 si risvegliò, ed avendo inteso alcuni colpi di martello, chiese cosa si facesse cui fu risposto, che non era niente, ma Egli replicò voler id quello che si fa. Allora i confortatori gli dissero che non era quello il momento di pensare ad altro che alla salute dell’anima, e che confidasse nella Misericordia del Signore, ed Egli sopraggiunse che in Lui solo sperava e si acquietò.

Alle ore 11 i confortatori lo interpellarono se volesse, che uno di loro avesse chiesto sopra il palco perdono al popolo per Esso, ed Egli rispose che da se voleva adempiere ad un tale dovere, che anzi glielo avessero rammentato.

Alle ore 1 antimeridiane del giorno 8 fu detta la prima messa nella Confortaria alla quale assistette sempre in ginocchio con la massima devozione, e dopo la recita degli atti di Fede, Speranza, Carità, e Contrizione e di altre preci, gli fu apprestato il S. Viatico, nel quale momento appalesò prova non dubbia di vero pentimento, ed un ardente desiderio di ricevere il Pane Eucaristico. Quindi fu detta la seconda messa, dipoi la terza e finalmente la quarta dai quattro confortatori, nella quale avendo esternato il desiderio di communicarsi nuovamente, gli fu apprestato per la seconda volta il S. Viatico. Anche davanti a questo Incruento Sacrifizio volle rimanere sempre in ginocchio e di più volle stare scalzo e scalzo accostarsi all’Altare, dicendo che bramava imitare il Nostro Signor Gesù Cristo mentre andava al Calvario.

Dipoi essendo le ore 3 dispose che l’elemosina che si sarebbe ricavata nella giornata fosse data alla sua sorella Marianna Crivelli, la quale dimora presso i comuni Genitori.

Alle ore 3 essendosi rammentato di tre suoi debiti uno di baj. 95 con Francesco Piacenti, l’altro di baj. 30 con Candida Belli e l’ultimo di baj. 22 con Cecilia la Bettoliera, dispose che le sud.e somme ascendenti a s [scudi] 1:47 fossero pagate ai ricordati Individui, prelevandole dall’elemosine che si sarebbero incassate, le quali, come si è detto, dovevano passarsi alla citata sua sorella Marianna. Dopo ciò gli fu impartita la Benedizione Papale in articulo mortis nel quale momento esternò di volere andare scalzo al patibolo.

Giunte le 6 antimeridiane ora destinata per la esecuzione della sentenza scese nella confortaria il Mastro di Giustizia, e mentre gli faceva la consueta legatura ripetè l’atto di contrizione con varie giaculatorie e pregò di bel nuovo i confortatori che per amore di Dio non lo abbandonassero in quell’estremo momento, ed in pari tempo volle baciare il succitato Mastro di Giustizia. Dopo tutto ciò sortì dalle carceri in mezzo ai confortatori e volle fare tutto il tratto di strada fino al patibolo camminando con le ginocchia. Salito finalmente sul palco ricevette la Benedizione del SS.mo che stava esposto sulla chiesa di S. Giovanni Decollato, e chiesto perdono al Popolo per bocca di un confortatore, mentre la sua voce era divenuta così esile, che più non si udiva, raccomandò alla Gioventù di non prendere esempio da Lui, e di fuggire i cattivi compagni, dopo che s’inginocchiò sotto alla Mannaja, e fu decapitato con esemplare edificazione di tutti.

Una tanto singolare conversione fece rimanere attoniti chichesia, e nessuno di quelli che lo videro così docile, e rassegnato potè trattenere le lacrime, e non inalzare preci all’Altissimo per Lui, benché di preghiere più non avesse bisogno, mentre da Santo morì.