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Le chiese scomparse

Sono più di quaranta le chiese scomparse per vicissitudini storiche, per la guerra, per incuria; sono sparite costruzioni grandi e rappresentative, come S. Giovanni Decollato (nell’immagine a lato), che qualificavano l’intera città, ed altre grandi come una stanza e meno conosciute ma non per questo meno significative. II danno è stato di uguale entità perché l’intero tessuto urbano circostante perde un riferimento di particolare valore rappresentativo e il senso di compiutezza dovuto all’equilibrio delle sue varie parti.

Chiesa di San Giovanni Decollato

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Chiesa San Giovanni Decollato inizio lavori di demolizione

La Chiesa di S. Giovanni Decollato costruita alla fine del cinquecento in una delle posizioni più significative della Città, si avvale di una disposizione a pianta centraloe e di un particolare paramento facciata della mrtà del settecento. Elementi questi che ne fanno una delle chiese più interessanti e purtroppo meno capite, anche da parte dei pur attenti studiosi locali che avallano, nel 1920, il descreto di demolizione.

Da Francesco Angeloni: “Conviene ora fare di colà.ritorno al sinistro lato della principale, già mentovata piazza, dove l’altro rione degli Amingoni ha suo principio, e vèdevisi eretta da pie ele-mosine la moderna ovata chiesa con sua cupola al precur-sore di Cristo Giovanni Battista; dove stanno confrati, col titolo di Misericordia, e con istituto di Confortare i con-dannati a morte e seppellirli: avendo da Clemente XIII in-dulto di annualmente liberare un capitale bandito’dalie prigioni: e più cappellani vi frequentano gli uffici! divini“.

San Paolo di Galleto (monastero)

San Paolo di Galleto. Nell’area poi occupata dal Lanificio, dallo Jutificio e dalla Fabbrica d’Armi sorgeva il monastero voluto da S. Chiara per le compagne clarisse, eretto probabilmente intorno alla metà del sec. XIII. Divenuto ben presto ricco e potente per lasciti e donazioni di terre e dì case, fu dotato da Nicolo IV e Bonifacio IX (brevi del 13 febbraio 1291 e 10 gennaio 1393) di speciali indulgenze concesse a tutti i fedeli che il lunedì di Pasqua si recassero a visitarlo. Il monastero, soppresso nel 1458 dal vescovo Francesco Coppini per lo scarso numero e la dissolutezza delle monache, fu concesso in commenda al cardinale Bessarione e da questi agli Agostiniani di San Pietro. Le donazioni annesse passarono più tardi (1473) alla mensa vescovile di Terni. Gli arredi furono invece divisi fra le chiese, di San Francesco, San Pietro e San Giovanni Decollato. Nel 1554, infine, furono definitivamente soppressi chiesa e convento; la mensa vescovile attivò nel complesso ormai diruto due macine, una da grano e una da olio, e due cartiere, ‘ utilizzando l’acqua del Sersimone e, in seguito, del Raggio Nuovo. Non si posseggono notizie sulla struttura del complesso; per certo si sa che nella zona si svolgeva una fiera il lunedì dì Pasqua. Nel sec. XV questa fiera era celebratissima: la ‘plaga di San Paolo’ si gremiva di commercianti, cortei e processioni con autorità, maestranze delle arti e confraternite laiche. C’erano corse al fantino e la cerimonia del ‘pallio’ ai vincitori assumeva i caratteri di una solennità cittadina. Importanti erano le concessioni dì franchigie. La tradizione dell’antica fiera di San Paolo si mantenne per lungo tempo e solamente nel 1603 fu trasferita presso il Cassero, nelle vicinanze di Porta Romana e posta sotto il presidio della confraternita del Santissimo Sacramento, La “plaga di San Paolo” fu teatro di una battaglia nel 1527. La città di Terni, salvatasi da un primo attacco delle truppe dì Carlo V in marcia verso Roma, dopo il Sacco, dovette accoglierne i capi con alcune torme di sbandati. Dopo aver contrattato ‘con denaro sonante’ la tranquillità della città, all’improvviso l’esercito ternano venne aggredito nei pressi del monastero da truppe guidate dal marchese di Saluzzo e da Federico Bozolo. Gravi furono le perdite dei ternani, comandati da Pier Maria Rossi e Alessandro Vitelli, Narni ebbe sorte peggiore, uscendo assai danneggiata, oltre che saccheggiata, dall’attacco dei lanzichenecchi.