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IL TREMENDO FLAGELLO DE’ TREMUOTI

1703, 10 Febbraio

II tremendo flagello de’tremuoti portava spavento in quest’epoca nella città nostra: la più parte delle solite e tranquille abitazioni erano state ab-bandonate dagli atterriti Cittadini cercando più sicuro asilo nelle piazze, in mezzo ai campi; e per giunta in tanta sventura non mancavano i malvagi proletari di profittare (come d’ordinario avviene) dell’abbandono, dello sco-raggiamento pubblico per spogliare le deserte case. A tanto male il Magi-strato, il provvido Consiglio non potea restarsi inoperoso indolente; che anzi furon volte le sue sollecitudini alla sicurezza pubblica. Si dessero due fra i più animosi ed onesti Cittadini per ciascun Rione, che si dissero Caporioni: si prescrisse che un drappello di 32 militi stesse sempre in servigio attivo sotto le armi, e perlustrasse di continuo la città di notte e di giorno diviso in pattuglie, e sorvegliasse specialmente la condotta di persone oziose e di cattivo affare. In oltre si pregarono i respettivi Potestà delle vicine Terre di Collestatte o Torrorsina a tener chiusi o’ guardati i loro Ponti sul Nera, perché fosse vietato il passaggio a fuorusciti: all’istesso fine i Sig. Castelli tenessero rinserrato il loro ponte di Valle. Queste ed altre utili provvidenze si adottarono allora come richiedea il bisogno, energicamente secondate dal-l’autorità dell’ottimo Monsignor Governatore. Né ciò era tutto: i più fiduciati in religioso sentire suggerivano, insiste-vano con fervore si ricorresse all’ajuto celeste, impotenti essendo i mezzi umani contro quella disavventura. Si intercedesse con animate preci dalla Misericordia divina la cessazione del tremendo flagello; a special Protettore si invocasse i miracoloso S. Francesco Borgia, fatto voto solenne di cele-brarne in ogni anno la sua festività nel suo altare entro la chiesa di S. Lucia ufficiata dai PP. Gesuiti, ove gli si facesse oblazione di sei libre di cera lavorata, assistendo ivi il Magistrato alla messa solenne. Essendo prossima inoltre la ricorrenza della festa del glorioso S. Valentino, si prendessero concerti con Monsignor Vescovo per far ordinare per tutta la città e Diocesi l’Eucaristica comunione generale nella sua chiesa Cattedrale, pubblicandone invitò sacro: ivi si recasse in solenne Processione di penitenza il clero, il Magistrato, Monsignor Governatore, i capi d’arte quali verrebber seguiti dal devoto popolo Ternano.

25 Marzo

Né dava tregua ancora cotesta pubblica calamità; perché si ebbe ricorso alla protezione immancabile della Vergine Immacolata, la cui intercessione valse efficacemente (e io si rammentava con entusiasmo con fiducia nella pubblica assemblea consiliare) a salvar questa città dal flagello della peste negli anni andati, e se ne adduceva in prova il voto solenne fatto in quella luttuosa calamità dal devoto Municipio. Indi si concludea si rinnovasse il voto; nel di delia sua stessa festività il Magistrato prò tempore si recasse sempre a piedi nella chiesa del convento delle grazie, ove si venera la sua prodigiosa Irnagine, ad assistere alla S. Messa solenne con la solita oblazione di cera: il Popolo, i Consoli dell’arti lo seguissero processionalmente come si solca nella solenne festività della Ssma Assunta. Tutti porgessero preci al­l’Altissimo, onde ad intercessione della gran Madre Vergine liberasse la desolata città da tanta sventura. Nell’esposizione de’narrati fatti ci siamo serviti quasi alla lettera del dettato espresso nelle nostre riformanze, nulla aggiuntovi del nostro, per dare un saggio del religioso sentire della nostra città nella discorsa epoca.
Fino al principio di Agosto di quest’anno la terra si fu in continuo
scuotimento: molte case crollarono, ed i più saldi fabricati rimasero scassi nati ed enormemente danneggiati. Perocché troviamo che nel 22 Aprile nella
necessità di doversi radunare il Consiglio fu questo convocato nel piazzale
presso l’antica casa Mazzitelli nel rione Castello.

Nel 13 maggio durante tuttora la terribile sciagura il Municipal Comizio decretò fosse co strutta per residenza di Monsignor Governatore una casa di legnò, ove tener
potesse le sue ordinarie udienze così nel 25 Luglio lo stesso Consiglio dovè congregarsi nel prefato piazzale della famiglia Mazzitelli ed un simile ripiego dovè adottarsi nell’assemblea del 4 Agosto successivo, o perché non fosse del tutto cessata quella pubblica sventura, o perché fosse pericolante la Residenza Priorale.

15 Ottobre 1783

tremenda sciagura portava lo squallore per tutta la città nostra; il terribile flagello de’tremuoti; e di già se ne erano risentiti incalcolabili danni: I caseggiati anco i più solidi, rovinati non davan più asilo agii atter¬riti Cittadini; l’aperta Campagna, comecché in continuo scuotimento, som¬ministrava affligente ricovero ai fuggenti, e poche tende ponevano al coperto i più agiati; molti all’aria aperta esposti all’intemperie di un ciclo inclemente e tenebroso. Cessato il commercio, tacente ogni pubblico affare, ogni privato negozio e perfino la coltura de’campi, anima della nostra vita Civile. Si sup¬plicava il superior Governo per decreto del Senato in questa tornata per un qualche sussidio, almeno per la classe indigente, in cui disgraziatamente si comprendeano gli artieri tutti, privi delle risorse delle proprie braccia per assoluta mancanza degli usati lavori: ne venne interessato l’Emo Negroni Protettore, l’esimio Prelato Carrara, ascritto come già notammo alla cittadinanza Ternana; ma furon vani i loro buoni offici od insufficienti a tanta pubblica bisogna, quindi il consiglio istesso si trovò nella necessità di votare la somma di scudi 200 per distribuirla ai poveri.

27 Decembre 1783

Per più di un anno si tenne in spaventoso movimento la terra in questa nostra contrada; cessò al fine e si dava opera a ripararne i danni, le rovine: nel mentre che il patrio religioso Comizio levava la mente ed il cuore alla Clemenza divina per un solenne rendimento di grazie pel cessato flagello votò un annuo solenne triduo in onore della Vergine Santissima del Rosario in perenne rendimento di grazie: precedesse questo al dì della sua festività, ed il Magistrato assistesse a questo in forma pubblica, ed alla messa solenne nel dì della festa nella chiesa Cattedrale.) Nel frattempo la gentile e pia dama Fulvia Costantini, maritata in Liberati di Ascoli, avea rimesso in prezioso dono alla città nostra una Reliquia autenticata nelle consuete forme Ecclesiastiche del glorioso S. Emidio pro-tettore di quella città contro il flagello de’tremuoti, per promuoverne anco fra noi la devozione. Si accolse con religiosa esultanza il sacro donativo, e per decreto consiliare fu proclamato quel Santo Vescovo e Martire Comprotettore della città nostra. Si fece costruire un decente reliquiario per custodirvi quelle S. Reliquie, che vennero poste a pubblica venerazione nella Chiesa Cattedrale e custodite in luogo rinserrato a doppia chiave l’una da ritenersi dal Magistrato, altra dalla Deputazione istituita per la celebrazione della sua festa, col tabellato assegnamento di scudi quindici.

braviopianeta

28 luglio 1387

Le Antiche riformante (delibere,ndr) municipali, raccolte e pubblicate dal papignese Lodovico Silvestri (1798 – 1863), dicono che “Si venne finalmente all’ elezione del nuovo Podestà; onde crediamo dover dar cenno di questa,la quale cadde in persona di Raniero di Ugolinuccio da Baschi“.

Bene, il “cenno” dell’elezione e i compiti a cui doveva far fronte ser Raniero durante il suo mandato li vedremo poi. Intanto riferiamo che “Il salario per l’intero semestre del Podestà, e di tutti gli altri a lui addetti, era fissato in settecento fiorino d’oro della valuta di quattro lire e soldi nove per fiorino.

Da questo dovean detrarsi alcune regalie dovute per massima ai Magnifici Signori Priori pro tempore e suo Cancelliere,il quale rilasciava la patente: ossia ai primi un drappo di seta o velluto del costo non maggiore di cinque fiorini, che veniva destinato per il Palio della corsa de’ cavalli, che aveva luogo nella seconda festa e fiera di Pasqua a “San Paolo di Galleto”. Ed eccoci alla “Corsa al Bravio” , Sulla quale, ci dilungheremo in seguito, preferendo ora andare alla ricerca del luogo e della consistenza del monastero delle monache clarisse di Galleto scomparse ormai da secoli. E continuiamo ad “appoggiarci” a Lodovico Silvestri, il quale, ciceronizzando sulla Terni che fu scrive fra l’ altro: ” ci è d’uopo rientrare nella città , risalire sulla piazza maggiore, e facendo camino per la Nazionale interna (oggi via Roma, ndr) nella via detta dei fondachi fino alla Piazza Corona, a destra di questa si presenta la Porta San Giovanni, da dove si sorte in una ridentissima contrada, che nominiamo Galleto: tutta Orti tutta irrigua tutta bella per rigogliosa vegetazione di viti frutta di ogni specie”. Che la zona in questione fosse una specie di Eden non serve sottolinearlo, mentre va detto che il monastero delle clarisse insisteva nell’area poi occupata dai Lanificio, dallo Iutificio e dalla Fabbrica d’Armi.

Quanto alla consistenza economica dell’antico luogo di culto è ancora il Silvestri a farcelo intuire. Infatti:….”sulle mole olearie il Municipio aveva imposto un dazio per l’olio che ne sortiva per vendita; si pretese assoggettare a questo anche il molino della mensa di San Paolo di Galleto. Appena ciò si riseppe da Monsignor Vescovo,allora Gian Jacopo Barba,che col mezzo del suo Vicario Generale Venanzo Cellini Canonico Ravennane spedì un monitorio con ninaccia di anatema, se di qualunque imposta o balzello venisse gravato quel suo molino posto nel Monastero di San Paolo, ossia entro le mura del Monastero“. Era il 15 febbraio 1515.

Durante lo Scisma d’Occidente Bonifacio IX, “malsicuro si tenendo per fino in Roma era spesso astretto di andar quasi ramingo dall’una all’altra Città soggette alla Santa Sede ed a se più fedeli Giunse infatti avviso al nostro Municipio, che Egli si era determinato di cercar ricovero in questa Città. Il patrio Senato accolse con trasporto un tale annunzio, ed ordinò fossero prese le più energiche disposizioni per accogliere ed onorare l’augusto perseguitato ospite. Vennero prescelti dodici Cittadini ed altri e tanti Banderari per riceverlo con quella partìcolar divozione propria della Città verso la Santa Sede, per destinargli conveniente abitazione e trattarlo come si conveniva al sommo Gerarca della cristianità; qualche tempo s’intertenne Egli in Terni da dove passò a Perugia il perché troviamo riportato in questa pagina del Protocollo un suo Breve co’ quale concede alla Chiesa del Monastero delle Monache Clarisse in San Paolo di Galleto l’indulgenza plenaria e la remissione di tutti i peccati da lucrarsi come nella Chiesa degli Angeli presso Assisi, da tutti i fedeli, i quali nella Festa del Lunedì di Pasqua(giorno della fiera e della “Corsa al Bravio”ndr) si recassero a visitarla, il qual Breve è datato da Perugia X. Kal. Juanuari Anni IV 1393”.

Ricordato che continuiamo ad andare per i luoghi della medievale festa e fiera di San Paolo di Galleto generatrice della “Corsa al Bravio”, restiamo sul monastero delle clarisse, verso il quale la considerazione papale non fu espressa dal solo Bonifacio IX con il Breve d I indulgenza plenaria del 1393. Infatti,Lodovico Silvestri nelle Antiche riformanze della città scrive: “Prima del rammentato Breve del IX Bonifacio alla stessa Chiesa delle Clarisse di San Paolo dal Pontefice Nicolò IV era stata concessa la indulgenza di un anno e giorni 40 per le’ feste di San Paolo Apostolo, Santo Stefano Protomartire e di Santa Chiara istitutrice di quell’ordine Monastico , con altro Breve del 13 Febbrajo 1291 da che quell’antichissimo monastero fosse uno de’ primi eretti da quella Eroina dell’ordine Serafico, la quale passò nell2 la Gloria de’ Santi nel 1251 sotto il Pontificato di Innocenzo IV che la visitò nel suo letto di morte in Assisi nella prima casa monastica in San Damiano “. E ora, detto che a Terni della chiesa eretta nel 1715 alla santa rimane il ricordo di Vico Santa Chiara, siamo alla metà del 1400. E torna il Silvestri: Intorno a quest’ epoca crediamo ragionevolmente farsi risalire la soppressione del Moniste ro delle Clarisse di San Paolo; né già per ispecial provvidenza addotta per questo, come viene da taluni ingiuriosamente supposto, ma per general massima stabilita per tutti i riguardi dalla sapienza de’ Pontefici “. Insomma San Paolo di Galleto fu “vi ttima” di una delle ricorrenti riforme vaticane. Mentre Elia Rossi Passavanti, nella sua Storia di Terni , ricordando che nel 1528,1552 e 1553 la città ebbe bisogno di nuove artiglierie a difesa delle rocche e delle torri da parte della milizia comunale, ci dà un’altra importante notizia e Scrivendo: “E metallo per la fusione di tali bellici ordigni lo fornirono perfino le campane che tante volte avevano squillato pacificamente dall’alto della torre campanaria di San’ Paolo di Galleto (presso cui, in occasione di una straordinaria indulgenza concessa da Bonifacio IX nel I393, si teneva ogni anno un’affollata fiera). O quando il Vescovo se ne disfece nell’anno 1554. E già prima di questa data ci fu una sorta di braccio di ferro tra i frati di San Pietro e il Comune per i tanti beni appartenuti a quelle monache clarisse. Nove giugno 1465, Lodovico Silvestri: “Questi Reverendissimi Padri Agostiniani di San Pietro pretendeano ritenersi tutti gli effetti mobili, ed arredi sacri non che disporre delle rendite dei terreni pertinenti al già soppresso monistero e chiesa di San Paolo di Galleto col pretesto di doverne assumere la custodia autorizzati da lettera del Cardinal Greco Arcivescovo di Nicea, al quale per Breve del III Callisto del 15 Febbraro 1458 era stato ceduto quel luogo con tutti i fondi, stabili, adjacenze e quant’altro ivi si rinveniva per commenda o beneficio ecclesistico . Il Consiglio (comunale,ndr) ed il Magistrato energicamente si opposero alle loro pretenzioni, volendo con più equità, che i sacri arredi ed alcuni mobili fossero divisi e concessi a profitto anco delle altre chiese di San Francesco de’ Minori Conventuali e di San Giovanni di Piazza (poi San Giovannino, che poggia sopra i resti di un edificio romano,ndr), e ne implorava gli opportuni permessi dalla suprema podestà ecclesiastica : ma frattanto decretava, si dessero in consegna i menzionati effetti a vari ragguardevoli cittadini”. Le Antiche riformanze della città di Terni ci dicono pure che il 6 agosto 1458 ” avea cessato di vivere Calisto III dopo il breve Pontificato di anni tre e mesi quattro e Compiute le solenni esequie si adunò in conclave il Sacro Collegio de’ Cardinali, ed in men di tre giorni fu innalzato all’Apostolico seggio Elia Silvio Piccolomini Senese, assumendo il nome di Pio II. Si ordinarono dai congregati di credenza pubbliche esultanze,e la pronta trasmissione di oratori per umigliargli sinceri tributi di fedeltà e di devozione”, da parte dei ternani. “Pio II fu consacrato il 3 novembre successivo”.

Torniamo al 28 luglio 1387

Per “dar cenno” dell’elezione di Raniero di Ugolinuccio da Baschi a Podestà di Terni, il cui mandato durava sei mesi. Ed eccoci di nuovo alle Antiche riformante (delibere) municipali,raccolte per i posteri da Lodovico Silvestri. Per la nomina dell’importante figura amministrativa “la scelta fra i concorrenti veniva rimessa al giudizio di una Commissione composta di 12 ragguardevoli persone,parte Cittadini(nobili,ndr),parte Banderari (popolari,ndr),nominata dal generai Comizio: dalla data stabilita 29 del citato mese paese fu indritta all’Eletto lettera di partecipazione dell’onorifica sua destinazione,nella quale elogiati largamente in prima gli eccellenti suoi requisiti, è pregato ad accettare alacremente il geloso e nobile ministero, servando le solite condizioni patti oneri ed onorificenze inerenti ad esso; firmato il dispaccio “Priores Populi Civitatis Interarmis”. Dopo ciò,avuta in risposta la sua accettazione,il Canelliere Municipale Pietro da Rieti gli spediva lettera patente, in cui son noverati i doveri tutti e le prescrizioni da osservarsi scrupolosamente in officio, quali esporrò in cornpendio, onde forarsi un idea più chiara di quanto venne superiormente esposto. Ritener dovesse presso dì se un Giudice idoneo onesto laureato in utrocque per la risoluzione e spedizione sollecita della Cause tutte Civili e Criminali; avesse pur ance un Socio o come direm’oggi un Assessore istruito ed esperto; quattro Notai, l’uno per gli atti de Malefici, altro per quelli del danno dato, il terzo per la Polizia in¬terna della città, il quarto per straordinari; quattro servi, domicilli; venti famuli –birri- atti alle armi; un cuoco; quattro soldati a cavallo ; non assoldasse veruno agli accennati impieghi f se non proveniente e nativo da luoghi lontani dalla Città nostra non meno di venti miglia, e che non fosse stato cacciato dall’officio altrove; abbia continuata e personale residenza in Città di giorno e di notte,né possa esentarsene, neppur anco per brevr’ora senza speciale e non facile permesso del Magistrato, sanzionato da voto Consiliare; due volte in ciascun mese dia conto o faccia mostra de’ suoi subalterni impiegati e familiari, e dell’esercizio del suo officiosa richiesta de’ Magnifici Signori Priori. Del Salario in fuori e de’ soliti emolumenti del suo impiego,concessi dalle leggi staturie,niun’al tra mercede mai o donativo per qualsivoglia titolo, per special benemerenza od amistanza, ricever possa dal Municipio, o da private persone; a suo carico tutte le spese d’officio per carta penne inchiostro ed altre; personalmente sia responsabile de’ suoi impiegati subalterni; eserciti l’impiego ed amministri da sé stesso la giustiziarne mai per interposta persona a mezzo di verun sostituto od altri facente funzione. Fra giorni otto dopo il cessato incarico, debba rendere esatto conto della sua gestione e de’ suoi impiegati, lo che non si sarebbe potuto pretendere durante quello” . Bene, ripetuto che dallo stipendio settecento fiorini d’oro per i sei mesi di podesteria Radierò di Ugolinuccio da Baschi doveva pure spenderne cinque per il “Bravio della corsa de’ cavalli”, vediamo la lettera con la quale accettò “il geloso e nobile ministero”. Fu resa pubblica nella seduta consiliare dell’agosto di quel 1387″: Magnifici et potenti signori priori de la cita et del populo di Terra, nj honorivoli amici carissimi – Honorivoli amici carissimi per che la mia ententione ene sempre el fine desidero che sia meglio chel principio lo so contento de venire alloficio de la potèsteria de la cita vostra con quilli pacti che ne la lectione la quale mavete mandata se contene. Questo chio domandava era per li temporali forti et per le spese che tucto di concurro, ma avendo respecto ala rare amicitia vostra io tengo più caro voy che io no tengo el denari. Proferendome sempre al vostri piaceri. Datura a Viterbii adi VII de augusti – Rayneri de Ugolinuccio da Baschi”. E dopo il monastero di Sari Paolo di Galleto e il podestà di Terni, la “Corsa al Bravio”.